A.N.P.I. LECCO
Grazie, Giancarla.
Continueremo a seguire la strada che ci hai indicato.
ANPI provinciale Lecco
Biografie
Questa raccolta di biografie non ha nessuna velleità di completezza, ma vuole essere uno ‘spaccato’
degli uomini e delle donne che hanno fatto la Resistenza nel territorio dell’attuale provincia di Lecco.
Per tracciare i profili e trovare le fotografie ci siamo avvalsi di pubblicazioni sulla Resistenza locale,
di siti già esistenti, dell’archivio Anpi di Lecco, di archivi privati e delle schede cosiddette AMG
(Governo Militare Alleato) a suo tempo compilate per il riconoscimento della qualifica di partigiano o
partigiana.
Siamo consapevoli che è un lavoro in progress e che sconta la crescente difficoltà di trovare notizie
sulle persone che fecero la Resistenza.
Il lavoro è aperto alla collaborazione di chiunque voglia contribuirvi.
Citiamo le principali pubblicazioni e i siti consultati e da cui abbiamo tratto immagini:
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Alasia Franco, Gaetano Invernizzi dirigente operaio, Vangelista, Milano, 1976.
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Bellati Antonio, Vit de quai sort. Un paese, una dittatura, una guerra, una resistenza, Premana,
1999. -
Benini Aroldo, Nerina non balla. Resistenza e guerra di Liberazione tra Lecco, Brianza, Valsassina.
Periplo, Lecco, 1995. -
Bolis Enrica-Clara Tacchi, A Milano è morto l’arciprete. Don Achille Bolis 23 febbraio 1944, Parrocchia
San Martino, Calolziocorte, 2014. -
Camera del Lavoro di Lecco, Una lunga storia di libertà: dalla Resistenza all’impegno sindacale,
Coop. Edit. Logos, Lecco, 1996. -
Carizzoni Simonetta, Fontana Gabriele, Pirovano Eugenio, Partigiani sulle Grigne – brigata Cacciatori
delle Grigne – 89^ brigata Poletti. ANPI Comitato provinciale di Lecco - Comune di Mandello del Lario,
2009. -
Corbetta Daniele (a cura di), Alta Brianza e Vallassina.1943-1945.Taccuino degli anni difficili, Istituto
Perretta, Nodo Libri, Como, 2009. -
Fontana Gabriele, 1935-1945: Valsassina anni difficili. Caduti, dispersi, prigionieri, deportati, resistenti,
Como, Istituto Perretta, 2011. -
Invernizzi Gabriele, Taccuino d’appunti (a cura di Angelo De Battista), Camere del Lavoro di Lecco e di
Como, Logos, Lecco, 1997. -
Panzeri Alessandro, Il comandante Sam. Franco Manzotti e i partigiani di Casatenovo, s.l., 2010.
-
Pattarini Casto (a cura di), Fratelli Figini. Due partigiani un Circolo, Cooperativa Fratelli Figini, Lecco, 2019
-
Perretta Giusto, Santoni Gerardo, 1919-1943. L’antifascismo nel comasco, Istituto comasco per la
Storia del Movimento di Liberazione, Como, 1997. -
Puccio Silvio, Una Resistenza, 2^ edizione, Stefanoni, Lecco, 1995.
http://www.55rosselli.it
Il sito presenta molte altre biografie di partigiani e partigiane appartenenti, soprattutto,
alla 55^ brigata Rosselli.
https://www.archiviomandello.it
Il sito presenta storia, personaggi e percorsi della Resistenza sulle Grigne e del Risorgimento a
Mandello del Lario.
https://www.anpi.it/biografie
Si tratta di una sezione del sito web nazionale; tra le biografie, ve ne sono alcune di partigiane e
partigiani lecchesi.
Aldrovandi Wando
Nato a Suzzara il 15 settembre 1918, figlio di un musicista milanese esule in Australia per non dover eseguire l'inno fascista prima delle opere liriche, laureato i
n Giusisprudenza, combattè la seconda guerra mondiale come ufficiale di complemento sul fronte francese.
L'8 settembre sfuggì alla cattura da parte dei tedeschi, raggiunse il lecchese e cominciò a organizzare le prime forze delle Resistenza in bassa Valtellina.
Vicino alle posizioni comuniste, col nome di battaglia di "Al" fu tra gli organizzatori dei primi distaccamenti d'assalto "Garibaldi" in Lombardia. Si distinse per combattività e competenza e nel giugno del 1944 gli venne affidato il comando della II Divisione "Garibaldi", che comprendeva la 55ma Brigata "Rosselli",
'86ma Brigata "Hissel" e la 89ma Brigata "Poletti". Successivamente fu nominato commissario del Raggruppamento Divisioni Garibaldi "Lombardia", operante nella zona del lago di Como e della bassa Valtellina.
A seguito del grande rastrellamento dell'autunno 1944, fu costretto a passare in Svizzera con tutta la sua formazione, per rientrare in Italia alla vigilia della Liberazione. Nei giorni dell'insurrezione riprese il comando e ottenne, a Mandello del Lario, la resa dell'Armata SS Liguria, comandata dal generale Pemsel.
Nel dopoguerra fu protagonista della vita politico-culturale italiana: tra i fondatori - a Milano - della Casa della Cultura, nel 1951 apre la Libreria Internazionale.
Nel 1971 fonda a Ghilarza l'associazione "Amici della Casa Gramsci" e nel 1977 organizza ad Ales le ristrutturazione della piazza centrale del paese.
Medaglia d'argento al valor militare, "Al" muore a Milano il 5 febbraio 1987.
Alfieri Don Martino
Nato a Bollate il 6 ottobre 1912, don Martino Alferi nel 1943 era coadiutore alla parrocchia di Acquate. Subito dopo l’8 settembre ’43 collaborò con i primi gruppi partigiani: d’intesa con il primo CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) di Lecco, fece nascondere nei sotterranei della chiesa della Vittoria parte del materiale del V° Reggimento Alpini di stanza alla caserma Sirtori, materiale che poi venne distribuito alle formazioni di montagna. Partecipò, in collegamento con le sorelle Villa, Antonio Colombo, Sandro Turba, Francesco Bolis e Guido Brugger, alla rete che organizzava gli espatri in Svizzera di ex prigionieri di guerra, ebrei e ricercati politici. Quando iniziò il rastrellamento dell’ottobre 1943, era in Erna, sede della ‘Carlo Pisacane’, a celebrare la messa. Fu avvisato per tempo e riuscì a scendere prima dei combattimenti. La sua opera di assistenza materiale e religiosa ai gruppi partigiani intorno a Lecco fu costante, fino a quando, la prima domenica del luglio ’44, avvisato di un immediato pericolo di arresto, in bicicletta raggiunse il suo paese natale e si rifugiò presso il parroco.
Il cardinal Schuster lo destinò prima a Cesano Boscone e poi al Collegio San Carlo a Milano, dove operò come ‘don Luigi’; da lì collaborò alla diffusione de ‘Il Ribelle’. Dopo la liberazione tornò ad Acquate. La sua attività gli valse unanime riconoscimento: Il Corpo Volontari Libertà, Raggruppamento Divisione Garibaldi, gli consegnò un diploma di Partigiano, il Comune di Lecco gli conferì una medaglia d’argento per civica benemerenza, il presidente Pertini lo nominò Cavaliere della Repubblica. Don Martino si è spento a Varese il 25 giugno 1996.
Andreoli Renato
Renato Andreoli (1924- 2011) di Faustino, nome di battaglia “Renato”, Comandante della 104° Brigata SAP “Gianni Citterio”. Giovanissimo, al momento dell'annuncio dell'armistizio, abbandonò il servizio militare e, da Novara, dove era in servizio, ritornò rocambolescamente a Porchera di Olgiate, dove la sua famiglia si era trasferita, in fuga da Milano, già nel '43. Con il fratello Guglielmo (Memo), anch'egli disertore, si rifugiò in Grigna per sfuggire ai rastrellamenti fascisti. Da lì cominciò la sua avventura da partigiano, proseguita con l'ingresso nella Divisione Fiume Adda che aveva sede a Vimercate. Nominato comandante della 104° brigata SAP “Citterio”, nel luglio 1944 arrivò ad avere alle sue direttive circa 350 uomini. Innumerevoli le imprese in cui Andreoli e i suoi compagni furono coinvolti: da una sparatoria in pieno giorno con una squadra fascista in Galleria a Milano, all'assalto della Banca Popolare di Lecco a Oggiono, al trasporto di armi e documenti falsi per la Brianza, fino alla cattura di Roberto Farinacci, ‘ras’ di Cremona, il 27 aprile 1945 a Beverate di Brivio, nei pressi di Olgiate.
Arrigoni Don Piero
Nato a Vedeseta (Bg) il 18 dicembre 1914, ordinato sacerdote il 3 giugno 1939, è parroco di Morterone dal 1939 al 1950. Già segnalatosi nell’ambiente ecclesiastico per le sue idee innovative, diventò anche riferimento della vita civile: poiché nel paese non c’erano insegnanti, studiando la sera a Lecco, conseguì il diploma magistrale e diventò il maestro della pluriclasse di Morterone. Durante la Resistenza, la canonica, la chiesa e la scuola furono luoghi sicuri: don Piero, assieme alla madre a alle sorelle, garantì ospitalità e rifugio a molti prigionieri di guerra in fuga verso la Svizzera, ai partigiani della 55^ Rosselli, alle missioni alleate. Dopo i fatti della Pianca, uno dei momenti più dolorosi e difficili per la Resistenza lecchese, assieme ad alcuni partigiani recuperò il corpo di Franco Carrara, ucciso dai fascisti, e lo occultò finchè fu possibile celebrare il funerale. Entrato in collegamento con il comando americano, nell’aprile del 1945 ebbe un ruolo decisivo nell’evitare un bombardamento sulla caserma De Cristoforis di Como, azione che avrebbe causato anche morti tra la popolazione.
Nel 1980 l’Anpi di Lecco ha consegnato a don Arrigoni un diploma di riconoscimento. Inoltre, per il suo impegno civile, nel 2010 è stato nominato
Commendatore al merito della Repubblica. Si è spento a Caglio (Co) il 7 giugno 2015.
Barindelli Oscar 'Oreste'
Nato a Lierna l’11.12.1913, laureato in ingegneria meccanica, l’8 settembre si trovava a La Spezia, arruolato in Marina con il grado di tenente. Rientrato a Lierna si nascose in montagna fino al rastrellamento dell’ottobre 1943. Rimase sbandato fino al maggio 1944, quando iniziò a collaborare, con compiti di collegamento,
con la ‘Cacciatori delle Grigne’ (diventata poi ‘89^ Brigata Poletti’) che operava sulle Grigne, nel territorio Abbadia- Mandello-Lierna-Esino. Ricercato dai tedeschi, a metà luglio salì in montagna e partecipò alle azioni della brigata, di cui divenne Commissario. Arrestato il 13 gennaio 1945, restò in carcere fino al 22 aprile e, liberato, prese parte all’insurrezione del 25 aprile.
Baruffaldi Adamo
Adamo Baruffaldi, Medaglia d’argento al valor militare per attività partigiana.
Nato a Premana il 9 maggio 1912, alpino in congedo, abitante a Vestreno, Adamo Baruffaldi dopo l’8 settembre 1943 era libero da obblighi militari e avrebbe potuto stare tranquillo ad attendere gli eventi. Invece, non appena si radunarono in Valvarrone i primi gruppi di ribelli, fece la sua scelta coraggiosa: si mise disposizione per tenere i collegamenti tra i gruppi partigiani e portare informazioni e rifornimenti. Nei mesi successivi si unì alle formazioni combattenti e partecipò ad azioni armate.
Nel luglio 1944 venne arrestato e torturato dalle milizie fasciste. Seppe resistere alle torture e venne impiccato il 31 luglio 1944 a Colico, nell’attuale piazza Garibaldi, dove una targa ricorda il suo sacrificio.
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Besana Carlo e Guerino
I fratelli Besana, Guerino (operaio, nato a Barzanò il 27 settembre 1918) e Carlo (operaio, nato a Barzanò il 1 luglio 1920) dopo l'8 settembre 1943 si erano uniti
alle prime formazioni partigiane. Il 20 luglio 1944, Carlo, incaricato di prelevare armi a Costa Masnaga, venne ferito a un fianco in uno scontro a fuoco; appena guarito, lui e Guerino decisero di salire in Valsassina (dove Carlo era già stato) e si unirono alla 55^ Rosselli. L'11 ottobre 1944, durante un rastrellamento di SS italiane nella valle tra Introbio e Biandino, Guerino venne ferito gravemente. Si trascinò su per la montagna per avvertire i compagni che lo trovarono morente
nei pressi di una grotta. Carletto accorse alla notizia del ferimento del fratello che gli morì tra le braccia. Non volle abbandonarlo e fu catturato dalle stesse SS
di stanza ad Oggiono che avevano ucciso il fratello. Tradotto al comando SS di Casargo e poi a Introbio, venne fucilato 15 ottobre 1944 presso il cimitero di Introbio. Prima dell’esecuzione scrisse un breve messaggio alla madre, pubblicato in “Lettere dei condannati a morte della Resistenza Italiana".
Bolis Don Achille
Nato a Calolziocorte il 4 ottobre 1873, Don Achille Bolis divenne arciprete della sua parrocchia natale nel 1931.
Dopo l’8 settembre 1943 scelse, come molti altri sacerdoti, di collaborare a quella ‘Resistenza diffusa’ che consisteva nell’aiutare gli sbandati e i renitenti, nel nascondere chi era ricercato dai nazifascisti, nel raccogliere aiuti per le formazioni partigiane.
Arrestato dalla Guardia Nazionale fascista il 22 febbraio 1944, interrogato presso la Casa del Fascio di Bergamo, il giorno successivo viene trasferito a Milano. Non è chiaro se venne portato prima all’Albergo Regina (atroce luogo di tortura) e quindi a San Vittore o direttamente nel carcere milanese. E’ certo però che don Bolis fu violentemente percosso e morì a San Vittore la notte tra il 23 e il 24 febbraio 1944.
Brambilla Bruno
Nato a Lecco il 5.9.1901 Bruno Brambilla è stato, nel 1921, l’organizzatore della prima sezione lecchese del Partito Comunista, formata principalmente da operai delle principali industrie: Badoni, Caleotto, Arlenico, Metalgraf. Nel giugno del 1922, in qualità di segretario della Sezione, è tra i firmatari del “patto di pacificazione”, con i fascisti, teso a contenere le violenze delle camicie nere. Ciò nonostante, nel ’23 e ’24 Brambilla venne più volte bastonato da squadracce fasciste milanesi e locali. Dopo l’assalto e l’occupazione fascista della cooperativa socialista ‘La Moderna’ del 5 gennaio 1926, Bruno Brambilla, contabile della cooperativa, venne licenziato e diffidato a non lavorare più a Lecco e in tutta la provincia. Nel 1928, in occasione della visita del re a Lecco, fu arrestato preventivamente; nel 1934 in concomitanza con proteste operaie per la riduzione dei salari venne prelevato dall’OVRA; nel 1938 venne ancora arrestato e condannato a tre anni di confino, pena poi commutata in un anno di confino e due di sorveglianza speciale. Iscritto nel Casellario Politico Centrale degli avversari del regime, nel 1943, Bruno Brambilla era ancora in prima linea, come membro del Comitato antifascista cittadino nato dopo il 25 luglio 1943 e poi autore, con Pierino Vitali – il 10 settembre 1943 - del trasporto ai Piani dei Resinelli dalle armi prelevate dalla caserma Sirtori.
Brugger Guido
Nato a Lecco il 16.3.1917, tenente di fanteria, Guido Brugger fu tra gli ufficiali dell’esercito che, restando fedeli al Regio Governo del Sud, si schierarono contro la Repubblica sociale e collaborarono con la Resistenza. Fin dai primi giorni dopo l'8 settembre, Guido Brugger - nella zona di Lecco e del triangolo lariano (Asso-Canzo-Bellagio) - tirava le fila di un gruppo che si era formato per far espatriare ex-prigionieri alleati, ebrei e militari italiani renitenti alla leva. Quando poi il CLN di Milano diede vita al ‘Servizio di Assistenza ai prigionieri di guerra alleati’, Brugger fu scelto come agente principale per la zona di Pusiano-ErbaCesello Brianza. Arrestato il 4 maggio 1944 assieme alla madre, venne incarcerato a San Vittore (n. di maricola 2032), quindi trasferito a Fossoli ed infine deportato nel sottocampo di Gusen (Mauthausen- Gusen (n. 82295), dove morì il 26 novembre del '44.
Cameroni Ugo 'Ugo'
Ugo Cameroni nacque l’8 giugno 1912 a Pontedecimo (Genova), dove il padre Antonio – fervente antifascista - era ferroviere. Reduce dalla guerra d’Africa e trasferitosi con la famiglia a Dervio, Ugo Cameroni fu tra i primi a salire in montagna e a collaborare all’organizzazione dei gruppi di militari sbandati e di giovani renitenti. Diventato Comandante del Distaccamento ‘Benedetto Croce’ della 55^ Brigata Rosselli, molto stimato dai suoi uomini, con la sua formazione operò in Valsassina e in Valbiandino, dove, presso le baite di Abbio, cadde combattendo l’11 ottobre 1944, durante il ‘grande rastrellamento’ nazifascista.
Carenini Bernardo 'Renato'
Nato a Colle di Sogno (Carenno) il 31.12.1906, Bernardo Carenini inizia presto a lavorare, a Milano prima come venditore di legna e carbonella e poi come operaio alla Siemens. Iscritto al PCI dal 1925, presta servizio militare in fanteria (1926-27) e, nel 1932, entra clandestinamente in Svizzera. Arrestato lascia la Svizzera per entrare in Francia e passare da qui in Algeria, dove rimane fino al luglio 1936, quando va in Spagna a combattere con le Brigate internazionali antifranchiste. Dopo la sconfitta della Repubblica, rientra con la sua Brigata in Francia e inizia un lungo periodo di internamento fino. Nel luglio del 1940 evade dal campo di internamento, ritorna in Svizzera dove viene nuovamente arrestato e assegnato – come muratore - a diversi campi di lavoro, ultimo quello di Gordola, allestito per internare comunisti e socialisti tedeschi, austriaci e italiani. La notte del 27 agosto 1943 Careini riesce ad evadere anche da questo campo, rientra clandestinamente a Carenno e dopo l’8 settembre sui Piani d’Erna si unisce a Gaetano Invernizzi nella formazione partigiana ‘Carlo Pisacane’di cui diviene comandante. Dopo il rastrellamento dell’ottobre 1943 la bada si disperde, ma Carenini, Invernizzi ed atri continuano ad agire e con diverse azioni: requisizioni di armi, munizioni, materiali e denaro, attentati contro impianti, uccisioni di nazisti e fascisti. Catturato alla stazione centrale di Milano il 22.12.1943 e imprigionato nel carcere di San Vittore, Carenini viene prima portato a Fossoli (27 aprile 1944), poi alla chiusura di quel campo, trasferito prima al campo di Gries (Bolzano) e quindi a Mauthausen . Sopravvive alla deportazione e rientrato in Italia lavora come operaio alla Edison di Milano. Bernardo Carenini muore
il 12.5.1991 a Trecate (No), dov’è sepolto.
Carioni Emanuele
Emanuele Carioni nacque il 20 novembre del 1921 a Misano di Gera d’Adda (Bg); studente universitario, attivo in Azione cattolica, chiamato sotto le armi venne ammesso al corso per allievi ufficiali e come tenente fu inviato prima al Colle di Tenda e poi in Albania. In seguito fu ammesso al corso per allievi paracadutisti e destinato alla base di Decimomannu, in provincia di Cagliari, dove si trovava l’8 settembre. Prese un volo per la Sicilia e quindi raggiunge Brindisi, mettendosi a disposizione dell’esercito regio. Nel dicembre del 1943 entrò nell’ Oss (Office of Strategic Service), la struttura segreta statunitense che aveva il compito di tenere contatti con le formazioni della Resistenza e di coordinare missioni militari nella zona occupata dai tedeschi. Nella primavera del 1944 fu paracadutato in Val Taleggio con l’ordine di collegarsi ai partigiani. Raggiunta la Valsassina, ma - persa la radio durante il lancio - con i due compagni di missione -Louis Biagioni e Piero Briacca – venne nascosto in casa delle sorelle Villa. Collaborò a un lancio di aiuti in Artavaggio, ristabilì i collegamenti con la missione alleata a Milano, ma lì venne arrestato il 19 maggio 1944. Condotto il giorno stesso a San Vittore (matricola 2094), il 29 giugno fu trasferito al campo di concentramento di Fossoli, dove il 12 luglio venne fucilato. Nel 1946 l’Università gli concesse la Laurea honoris causa e nel 1948 fu insignito della medaglia d’argento al valor militare.
Carpi Aldo
Nato a Milano il 6 ottobre 1886, diplomato nel 1910 all'Accademia di Brera col massimo dei voti, due anni più tardi, Aldo Carpi aveva già esposto alla Biennale di Venezia. Dopo la Prima guerra mondiale (cui aveva partecipato nonostante fosse contrario al conflitto) l'artista, tornato alla sua attività, cominciò ad intrattenere rapporti con esponenti dell'antifascismo. Nel 1927, Carpi realizzò le vetrate della Basilica di San Simpliciano a Milano, nel 1930 ebbe la cattedra di pittura a Brera e, nel 1934, iniziò i lavori per i cartoni della vetrata del Duomo di Milano. Nel '37 ottenne la Medaglia d'oro all'Esposizione universale di Parigi. Fu il 1944 l'anno che segnò una profonda svolta nella vita dell'artista. Carpi, sfollato con la famiglia a Mondonico, in Brianza, venne arrestato dai fascisti che erano alla ricerca dei suoi cinque figli, tutti attivi nella Resistenza (Paolo venne ucciso dai nazisti, a diciassette anni, nel lager di Gross-Rosenger). Rinchiuso nel carcere di San Vittore il 24 gennaio 1944, dopo un mese Aldo Carpi fu tradotto a Mauthausen (matricola è 53376) e poi nel sottocampo di Gusen. Si salvò grazie alla sua arte. Dopo la Liberazione, fu eletto per acclamazione direttore dell'Accademia di Brera e nel 1956, ricevette dal Comune di Milano la medaglia d'oro per meriti culturali. Nel 1971 pubblicò il "Diario di Gusen" tratto dagli appunti scritti durante la prigionia. Aldo Carpi è morto a Milano il 27 marzo 1073.
Cassin Riccardo
Nato a San Vito al Tagliamento (Pordenone) il 2 gennaio 1909, orfano di padre (morto in miniera in Canada, dove era emigrato), Riccardo Cassin arrivò a Lecco nel 1926. Negli anni Trenta risolse i due principali problemi alpinistici del suo tempo: la parete nord della Torre ovest di Lavaredo (1935) e lo sperone Walker della parete nord delle Grandes Jorasses (1938). Aderì al Gafni (Gruppo alpinisti fascisti nuova Italia) e ricevette la tessera fascista per meriti sportivi. Non condivise però la scelta del regine di allearsi con la Germania (nel suo Friuli aveva visto le truppe tedesche all’opera durante la Prima guerra mondiale) e per questo riconsegnò la tessera. Dopo l’8 settembre 1943 collaborò con i gruppi di partigiani dislocati ai Piani Resinelli e guidò il ‘Gruppo Rocciatori della Grigna’ in azioni di supporto alla Resistenza. Il 6 febbraio 1945 accolse due ufficiali inglesi paracadutati ai Resinelli nell’ambito della ‘Missione Dick’. Il 26 e 27 aprile 1945 partecipòalla battaglia per la liberazione di Lecco, restando ferito ad una gamba. Insignito dell’ordine di Cavaliere di Gran Croce, morì ultracentenario nella sua casa dei Piani Resinelli, il 7 agosto 2009.
Cattaneo Ernesto
Nato a Olgiate Molgora il 30 marzo 1891, di professione mugnaio, Cattaneo Ernesto faceva parte della rete di supporto alle formazioni partigiane.
Il suo ruolo era di fornire farina ai partigiani, cosa che fece più volte.
Arrestato, entrò a san Vittore il 30 marzo 1944 e il 27 aprile fu trasferito, con molti altri lecchesi, al campo di Fossoli.
Quando questo campo venne chiuso, Cattaneo fu spostato a Bolzano e da lì – il 5 agosto 1944 - a Mauthausen, dove arrivò il 7 agosto 1944 e venne immatricolato con il numero 82319.
Assegnato al sottocampo di Gusen, morì in prigionia il 26 gennaio 1945.
Ciceri Francesca 'Vera'
Nota soprattutto col nome di Vera, uno dei nomi acquisiti nella cospirazione e nella Resistenza, Francesca Ciceri nacque a Rancio di Lecco il 23 agosto 1904. All'età di undici anni era già al lavoro in una fabbrica metallurgica, dove prese parte all'occupazione delle fabbriche del 1920. Alla fine della prima guerra conobbe Gaetano Invemizzi, acquatese, sindacalista, reduce dalla guerra, poi costretto dal fascismo a lasciare l'Italia a motivo delle sue idee "sovversive". Vera lo raggiunse a Parigi dove i due giovani si sposarono. Militanti comunisti, dal 1931 essi tornarono più volte clandestinamente in Italia per ricomporre le file della lotta antifascista. Nel 1936, vennero arrestati a Milano, processati dal Tribunale Speciale e condannati: Gaetano a 14 anni e Vera a 8, con l'accusa di cospirazione contro lo Stato e ricostituzione del Partito comunista. Vera scontò la pena a Perugia e uscì dal carcere dopo 5 anni,con l'amnistia concessa per la nascita dei figli del principe ereditario. Nel 1943 col marito salì in Ema all'indomani dell'8 settembre, a costituire la brigata partigiana "Carlo Pisacane" che venne attaccata da soverchianti truppe tedesche nel primo rastrellamento d'autunno 1943. Donna di forte carattere, animata da incrollabili principi, Vera ha lasciato un esempio di coerenza e di forza d'animo non comuni, continuando a testimoniare il suo impegno fino alla morte, avvenuta il 18 gennaio 1988.
Intitolazione del piazzale della funivia di Lecco a Francesca Vera Ciceri: 20 ottobre 2024 (articolo di Roberta Cairoli, su Altreconomia -.pdf 992 KB)
Ciceri Lino
Nato a Lecco il 30 luglio 1923 a Lecco (Acquate), apprendista meccanico presso la Badoni, iscritto al Partito Comunista, dopo l’8 settembre fu tra i primi a raccogliere l’invito di Gaetano Invernizzi e ad andare in montagna per organizzare la Resistenza. Entrò nella ‘Carlo Pisacane’, la formazione partigiana di Erna, partecipò ad azioni di sabotaggio e prese parte alla ‘Battaglia di Erna’, durante il rastrellamento dell’ottobre 1943. Dopo il rastrellamento si riunì con i resti della formazione nella zona di Santa Brigida (Valle Averara – Bg). Tornato temporaneamente a Lecco, venne arrestato il 23 febbraio 1944. Portato a San Vittore, il 27 aprile fu trasferito a Fossoli, dove venne fucilato il 12 luglio 1944.
Ciceri Pietro
Nato a Lecco il 25.2.1892, padre di Lino, fucilato a Fossoli, tornitore meccanico alla Badoni, Pietro Ciceri, venne arrestato il 24 marzo 1932 con l’accusa di aver collaborato alla ricostruzione del partito Comunista e subì il processo davanti al Tribunale Speciale per la difesa dello Stato. Dopo il 25 luglio 1943 fu tra i protagonisti della rinascita delle Commissioni interne nelle fabbriche lecchesi e venne eletto delegato dai lavoratori della Badoni, nella prima esperienza di elezioni libere dopo vent’anni di fascismo . Registrato nel Casellario Politico Centrale, venne arrestato durante lo sciopero del 7 marzo. Fu prima rinchiuso nelle carceri di Como, poi portato a Bergamo, dove i fascisti lo consegnarono alle SS. Deportato politico a Mauthausen-Gusen, morì nel lager il 4 gennaio 1945.
Colombo Antonio
Nato a Lecco il 19 ottobre 1903, piccolo commerciante di legna e carbone, è stato uno dei protagonisti della prima organizzazione partigiana. La sua casa di via Digione, 6 – dove veniva spesso ospitato il colonnello Alberto Prampolini - era sede di riunioni del primo Comando militare della Resistenza lecchese, mentre
la casa in Campo de’ Boj venne messa a disposizione per ospitare le prime formazioni partigiane. In collegamento con Giulio Alonzi (referente del Partito d’Azione) collaborò attivamente alla costruzione della rete per gli espatri, nella quale - oltre ad accompagnare i fuggiaschi al confine svizzero - era formalmente incaricato del collegamento tra il gruppo lecchese e quello brianzolo di Guido Brugger. Con Emanuele Carioni, agente italiano dell’OSS (Servizi segreti americani) collaborò all’organizzazione di lanci nella zona di Artavaggio. Arrestato con altri lecchesi, entrò a San Vittore il 20 maggio 1944 (matricola 2104);
il 29 giugno fu trasferito al campo di Fossoli, dove il 12 luglio 1944 venne fucilato.
Confalonieri Ambrogio 'Il Biondo'
Ambrogio Confalonieri, (nome di battaglia "Il Biondo"): era un operaio tornitore, nacque l'11 luglio del 1915, andò a combattere in montagna unendosi il 15 ottobre 1943 alla 40esima Brigata Matteotti. La notte del 2 giugno 1944, Confalonieri era con un gruppo di partigiani scesi da Biandino per attaccare il presidio fascista
di Ballabio. I fascisti, durante lo scontro, lo colpirono al petto con una raffica di mitra. I fascisti, per disprezzo, lasciarono il suo corpo esposto per lungo tempo al pubblico quale monito per tutti. Poi, lo seppellirono fra i rovi sotto pochi centimetri di terra. I suoi resti ebbero degna sepoltura nel giorno della Liberazione.
Corti Don Riccardo
Nato a Rancio (Lecco) il 15 gennaio 1986don Riccardo Corti è stato per cinquant’anni parroco di Giovenzana, piccolo abitato sulle pendici del Monte San Genesio. Nei giorni di sbandamento generale seguiti all’8 settembre 1943’, molti prigionieri di guerra (inglesi, spagnoli, francesi, Jugoslavi, greci) fuggirono dal campo di prigionia di Grumello al Piano (Bg), cercando la via per la Svizzera. Circa trenta di loro arrivarono a Giovenzana; don Riccardo Corti li accolse, li sistemò parte in parrocchia, presso il sacrestano, parte a Pessina e parte a Cagliano e invitò la popolazione ad aiutarli con cibo e vestiario. La cosa però non sfuggì ai fascisti che informarono il comando tedesco e l’11 ottobre 1943 la casa parrocchiale venne circondata, don Riccardo, suo fratello Ferruccio (missionario del PIME) e gli ex prigionieri furono arrestati. Due giovani spagnoli, Josè Martinez e Andrea Sanchez, volontari nell’esercito inglese, tentarono la fuga e vennero uccisi sul posto. Incarcerato a Bergamo, don Riccardo subì un processo e fu condannato a 18 mesi di carcere, che trascorse in parte in Italia (nelle carceri di Bergamo e di Verona) e in parte in Germania, dove venne deportato l’11 gennaio 1944. Rinchiuso nel carcere di Monaco e poi trasferito nel campo di lavoro di Kaisheim-Donauwort, lavorò prima come ciabattino e poi come operaio nel settore della carta. Venne liberato il 9 febbraio 1945, dopo 16 mesi di carcere, di cui 13 in deportazione e tornò a Giovenzana. Don Riccardo Corti morì a Como il 18 giugno 1961.
Croci padre Filippo
Nato a Nerviano il 21 ottobre 1914, padre Filippo Croci venne ordinato sacerdote del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) il 29 giugno 1940. Impossibilitato
ad andare all’estero causa la guerra, nell’ottobre 1942 fu inviato come coadiutore a Premana e dopo l’8 settembre 1943 la sua casa diventò un punto di riferimento per gli sbandati e i giovani renitenti alla leva della Repubblica Sociale, che lui stesso invitava a sottrarsi al reclutamento. Come emerge dal diario del tenente Giovanni Battista Todeschini, perno centrale delle formazioni partigiane nel territorio di Premana, padre Croci fu punto di riferimento anche nei giorni tragici del rastrellamento dell’autunno 1944 e delle sue dolorose conseguenze. Dopo la Liberazione si adoperò per organizzare il rientro dei deportati e dei
molti internati militari valsassinesi. Nel 1947 andò missionario nella Guinea portoghese, dove restò nove anni. Padre Filippo Croci morì a Clivio il 2 maggio 1975.
Denti Luisa
Nata a Rancio (Lecco) il 31 gennaio 1929, Luisa Denti iniziò a fare la staffetta partigiana nell’agosto 1944, non ancora sedicenne. Nell’autunno di quell’anno venne incaricata di tenere i collegamenti tra la I^ e la II^ Divisione Garibaldi e si mosse tra Lecco, Como e Milano. Dopo il ‘grande rastrellamento’, riprese
l’attività clandestina a supporto del ‘Distaccamento Mina’, uno dei pochi gruppi che erano rimasti in montagna. Dal gennaio 1945 fino alla Liberazione la sua
casa continuò ad essere riferimento per le formazioni partigiane, sia come punto di recapito che come deposito di documenti e armi.
Dell'Oro Giulia
Nata il 27 settembre 1900 a Laorca, Giulia Dell’Oro è una delle tante figure ‘perse’ nella memoria, ma che facevano parte, in modo sostanzioso, del ‘popolo antifascista’, cioè di quella parte di italiani che aveva scelto la lotta contro la dittatura fascista e l’occupazione tedesca. Componente della Sap di Lecco al comando di Carlo Combi e di Giuseppe Mauri, collaborò con Luigi Frigerio (di cui era vicina di casa) a nascondere ex prigionieri di guerra in attesa di passare in Svizzera. Arrestata a Laorca, entrò a San Vittore il 23 maggio 1944 (matricola 2153). Non si conosce la data della scarcerazione.
Ferrario Celestino
Nato a Monza, il 15 novembre 1988, agente di commercio e sindacalista, già esponente del Partito Popolare a Lecco, all'indomani della prima guerra mondiale prende parte alle lotte operaie e,nel 1924, venne segnalato dalla Questura come avversario del regime. Nel 1942 fu tra i fondatori, in Lombardia, della Democrazia Cristiana clandestina. Dopo l'8 settembre 1943 lavorò attivamente in un comitato, occupandosi di rifornire le "Fiamme verdi", cioè le formazioni partigiane di osservanza cattolica e di diffonde il giornale clandestino "Il Ribelle" che nell'estate 1944 si stampò a Lecco, nella tipografia di Annoni & Pin, accanto al suo ufficio in via Mascari. Alla fine del 1944, dopo l'arresto di don Ticozzi, divenne presidente del Comitato di Liberazione di Lecco, carica che ricoprì fino alla Liberazione. Eletto deputato alla Camera nella prima e nella seconda legislatura, morì a Monza il 3 gennaio 1959.
Figini Giuseppe e Costantino
Giuseppe (Lecco, 23 novembre 1910) e Costantino (Lecco, 11 ottobre 1918) Figini sono fratelli, figli di Serafino, contadino e di Irene Mauri, filandiera di
Maggianico. Costantino, operaio all’Arlenico, nel ‘38 è arruolato come aviere. Giuseppe è operaio alla Moto Guzzi di Mandello. Dopo l’8 settembre ‘43,
Costantino torna a casa e per alcune settimane si rifugia a Piazzo, per non farsi prendere dai nazifascisti. Nel giugno 1944, destinato al lavoro in Germania,
va ai Piani di Bobbio, entra nella 55ª Brigata Garibaldi Rosselli ed è assegnato al distaccamento ‘Fogagnolo’. Partecipa a tutte le azioni della Brigata e diventa caponucleo sino all’ottobre quando, quando viene incaricato del collegamento tra i comandi delle Divisioni Garibaldi. Il 30 dicembre 1944 alla Pianca, vicino
alla Culmine di San Pietro, viene catturato dalle Brigate Nere con altri 34 partigiani. Il 31 dicembre è fucilato al cimitero di Barzio insieme a 10 degli arrestati. Giuseppe nel dicembre 1941 sposa Carolina Figini, lattoniera. Partecipa alla Resistenza nelle formazioni cittadine e nei primi mesi del 1945 è a capo di un
nucleo del 3° Distaccamento ‘Lino Ciceri’ delle SAP di Lecco. Il pomeriggio del 26 aprile 1945 è ucciso a Maggianico dai nazifascisti in ritirata.
Frigerio Luigi
Nato a Laorca il 28 aprile 1901, trafiliere della Badoni, Luigi Frigerio si avvicinò al movimento antifascista tramite l’attività sindacale. Come rappresentante
per il Partito Democratico Cristiano, era membro del Comitato sindacale clandestino guidato da Franco Minonzio. Su invito di Giuseppe Mauri entrò nella
rete che organizzava gli espatri in Svizzera, partecipò alle riunioni organizzative a casa delle sorelle Villa e ospitò a casa sua ex prigionieri. Alcuni di loro,
però, erano spie infiltrate e il 19 maggio 1944 Luigi Frigerio venne arrestato con gli altri appartenenti alla rete. Portato il giorno stesso a San Vittore
(matricola 2098), il 29 giugno fu trasferito al campo di Fossoli, dove il 12 luglio 1944 venne fucilato.
Gagliardini Orfeo
All’età di sei anni, oltre alla scuola elementare, Gagliardini inizia già a lavorare come garzoncino di un ortolano, per due lire a settimana. Più tardi, durante il periodo della “pre-militare”, il padre socialista gli vieta di indossare la divisa obbligatoria e un capitano fascista gli impartisce una “solenne bastonatura”.
Militare di leva alla Scuola di equitazione della Cavalleria di Pinerolo, è poi trasferito al 3° Carristi di Bologna. In servizio d’ordine col suo plotone assiste a
una sfilata di operai, garofano rosso all’occhiello, per il Primo maggio; poi si innamora di una ragazza, figlia di un militante comunista, e decide di aderire al
Partito clandestino. Alla firma dell’armistizio, Gagliardini è a Milano, convalescente, e grazie a un comitato di operai antifascisti della fabbrica Caproni riesce
a unirsi alla 40ª Brigata Garibaldi operante sulle montagne della Valtellina. Col nome di battaglia, “Zorro”, partecipa a numerosi atti di sabotaggio, in
particolare intercettando convogli di rifornimento per i nazifascisti, spogliandoli di armi, equipaggiamento e, soprattutto, viveri. Scampato a un
rastrellamento, si sposta in Brianza dove contribuisce alla formazione della 104ª Brigata garibaldina. Durante i giorni della Liberazione “Zorro” prende parte
alla cattura del gerarca fascista Roberto Farinacci. È il 27 aprile del ’45 quando i partigiani, nel Comasco, intercettano una colonna di automezzi repubblichini, oltre ad alcune macchine di lusso: da una di queste smonta un uomo, brucia dei documenti, risale a bordo e l’auto tenta la fuga. Inizia un inseguimento, l’auto sbanda, si arresta davanti ai cancelli dello stabilimento tessile Rivetti, in frazione Beverate. L’uomo dei documenti scende tenendo una mano nella tasca del cappotto: “Sono Farinacci”. E, mostrando la mano di legno tenuta nascosta, si arrende. Orfeo Gagliardini ha lasciato dietro di sé un passato di battaglie militari, politiche e sindacali. Un esempio di coscienza e impegno civile rivolti alla collettività e soprattutto alla tutela dei lavoratori (sintesi tratta da Anpi Provinciale di Milano).
Gentili Anna
Nata a Portoferraio (LI) il 12 dicembre 1920, di famiglia antifascista (il fratello Antonio, partigiano, morì a Mauthausen) si stabilì a Milano nel 1939.
l pomeriggio del 26 luglio 1943, Anna Gentili recatasi in piazza Oberdan, dove si stava tenendo un’imponente manifestazione per la caduta del fascismo,
salì su un carro armato mandato a disperdere i dimostranti e lo costrinse a fermarsi. Arrestata nei giorni successivi mentre distribuiva “l’Unità” clandestina,
uscì dal carcere il 13 settembre 1943 ed entrò nella 3^ Brigata Gap e nei Gruppi di difesa della donna con il nome di battaglia ‘Lidia’. Ricercata dai fascisti, nell’aprile 1944 raggiunse la Bassa Valtellina, dove entrò in contatto con la 40^ Brigata Matteotti e divenne responsabile dei collegamenti del Comando di Raggruppamento Garibaldi «Lario-Valtellina» con il Cln di Sondrio e il Comando regionale garibaldino. Nel gennaio del 1945, assunse la direzione dei
Gruppi di difesa della donna del III settore di Milano. Anna Gentili morì a Milano il 12 luglio 2016.
Guzzi Ulisse
Nato a Mandello Lario (Como) il 14 giugno 1911, morto a Lecco nel gennaio del 1980, industriale. Figlio del fondatore della famosa fabbrica di motociclette,
Ulisse fu sorpreso dall'armistizio mentre prestava servizio militare come tenente pilota di complemento. L'8 settembre 1943, nel marasma seguito alla fuga
dei Savoia, il giovane ufficiale non ebbe esitazioni e si dette alla macchia. Preso contatto con le forze antifasciste del Lecchese, fu tra i promotori dell'organizzazione delle prime bande partigiane in Valsassina. Divenne in seguito capo di stato maggiore del Raggruppamento divisioni d'assalto "Garibaldi" della Lombardia, costituito con l'unificazione delle formazioni del Lecchese con quelle del Comasco, della Bassa Valtellina e della Val Biandino.
Il Raggruppamento comprendeva due Divisioni, ciascuna forte di tre brigate. Nella I Divisione erano comprese la 40a "Giacomo Matteotti", operante in bassa Valtellina, la 90a " Elio Zampieri", attiva in Val Chiavenna, e la 52a "Luigi Clerici", impegnata sulla sponda occidentale del lago di Como. La II Divisione
operava nel Bergamasco con la con la 86a Brigata "Issel", nella zona delle Grigne con la 89a "Poletti" e con la 55a "Rosselli" in Valsassina, Valvarrone,
Val Gerola e Val Biandino. Nel dopoguerra Ulisse Guzzi, in sintonia con la moglie, Angela Locatelli, ha contribuito, nel Lecchese, alla conservazione degli
ideali della Resistenza, con iniziative che hanno avuto il loro fulcro nel Centro culturale "Piero Calamandrei".
Invernizzi Gabriele
Nato a Lecco il 17 agosto 1913, figlio di un militante socialista che venne incarcerato tre volte durante il regime, Gabriele Invernizzi, appassionato di montagna, giovanissimo si iscrisse all’APE (Associazione Proletari Escursionisti), una delle associazione che venne sciolta dalle leggi fasciste e negli anni Trenta, dopo importanti ascensioni, venne eletto consigliere e poi vicepresidente della SOEL (Società operai escursionisti lecchesi), carica da cui fu destituito d’autorità
perché non accettò di iscriversi né al partito fascista, né al dopolavoro. Nel 1932 entrò nel Partito Comunista clandestino e nel 1942 gli venne affidata la responsabilità della zona di Lecco. In questa veste partecipò alla formazione del primo CLN lecchese. Individuato dalla polizia fascista, riuscì a sfuggire
all’arresto e il 27 gennaio 1944 dovette lasciare Lecco ed entrò nelle formazioni Garibaldi prima di Brescia e poi di Bergamo, dove partecipò alla liberazione
della città. Dopo la Liberazione, Gabriele Invernizzi fu Segretario generale della Camera del Lavoro e vicesindaco di Lecco, quindi Segretario generale della Camera del lavoro di Como, parlamentare per due legislature e Consigliere provinciale. E’ morto a Como il 18 aprile 1997.
Invernizzi Gaetano
Nato a Lecco (Acquate) l’11 ottobre 1899, figlio di tappezzieri di Acquate e tappezziere egli stesso, di famiglia radicale, conosce durante la prima guerra mondiale le miserie del proletariato e ritorna dal fronte avendo compiuto una scelta socialista.
E' tra i più decisi oppositori dello squadrismo fascista e vittima di violenze, tanto da esser costretto ad emigrare in Francia prima ancora della marcia su Roma. Raggiunto a Parigi dalla fidanzata, Francesca Ciceri (vedi biografia), prima si avvicina e poi, dal 1931, aderisce al Partito Comunista, di cui diventa militante attivo.
Entrato nella struttura clandestina del partito, torna con Francesca più volte in Italia con documenti falsi; prendono contatti e tessono le fila della cospirazione - con un breve intervallo in URSS dove partecipano ad un corso politico-militare - fino all'arresto che avviene a Milano nell'estate del 1936. Processati, saranno condannati, Gaetano a 14 anni, Francesca a 8, dal Tribunale speciale fascista per la difesa dello Stato.
Alla caduta del fascismo, Gaetano Invernizzi viene liberato e torna a Lecco nell’agosto 1943; all'annuncio dell'armistizio dell'8 settembre 1943, in un discorso tenuto nei pressi della Caserma Sirtori chiama alla lotta contro i nazifascisti. Con Vera sale in Erna dove costituisce la formazione ‘Carlo Pisacane’, di cui diviene commissario politico. A seguito del rastrellamento nazista dell’ ottobre 1943 che scompagina la ‘Carlo Pisacane’, Gaetano Invernizzi e Vera Ciceri si stabiliscono Milano, dove continuano la lotta antifascista.
Invernizzi entra nella redazione de ‘La fabbrica’, giornale della federazione comunista milanese e nel Comitato sindacale come rappresentante del PCI. In questo ruolo, è tra gli organizzatori degli scioperi del marzo 1944. A Liberazione avvenuta, assume ruoli di grande rilevanza: nel 1945 è uno dei dirigenti della Camera del lavoro di Milano, di cui nel 1947 diventa Segretario generale. Dopo un mandato parlamentare (deputato per il PCI nella prima legislatura), viene chiamato da Giuseppe Di Vittorio a Roma a dirigere il Sindacato degli alimentaristi, ma nel 1954 si deve dimettere perché il cancro che lo affligge avanza inesorabile. Muore a Milano il 23 marzo 1959.
Lissoni Don Luigi
Nato a Triuggio il 7 settembre 1917 e ordinato sacerdote il 29 maggio 943, don Luigi Lissoni viene destinato come assistente dell’oratorio maschile di Bellano, diventando così coadiutore di don Francesco Rovelli (cfr. Rovelli don Francesco). In accordo con il parroco, don Lissoni collaborò attivamente agli espatri clandestini verso la Svizzera, accogliendo nell’oratorio gli ex prigionieri di guerra, gli ebrei e i ricercati politici, in attesa del momento buono per attraversare il lago. Questa attività, per la quale ricevette il ‘Diploma Alexander’, non fu l’unica: don Lissoni diventò anche il ‘collegatore’ dei nuclei partigiani della Brigata Rosselli dislocati nelle valli attorno a Bellano e attivò canali per la diffusione della stampa clandestina e la distribuzione di documenti di identità o di lasciapassare falsificati. Masso sotto controllo dalla polizia fascista, nell’agosto del 1944, quando don Rovelli venne arrestato, don Lissoni riuscì a nascondersi e sfuggì all’arresto. Dopo il 25 aprile 1945, prese posizione contro coloro che, senza esserlo stati, cercavano di avere il riconoscimento di partigiano e, con un gesto emblematico, riconsegnò il suo brevetto al Ministero. Il 25 aprile 1961 venne nominato parroco di Ballabio, dove rimase fino alla sua morte, il 18 giugno 2009.
Locatelli Angela Guzzi
Nata a Lecco il 6 agosto 1914, morta a Lecco il 1° marzo 2003, membro del Consiglio nazionale dell'ANPI.
Nel settembre del 1944, quando il marito, Ulisse Guzzi , era capo di stato maggiore del Raggruppamento divisioni d'assalto "Garibaldi" della Lombardia, Angela aveva messo a disposizione della Resistenza la "Villa dello Zucco", dove allora risiedeva. La sua casa, in pratica, divenne la sede del Comando delle "Garibaldi". Ma Angela Locatelli non si limitava ad una pur rischiosissima ospitalità. Per alcuni mesi fu lei a tenere i contatti, ad assistere le famiglie dei partigiani caduti, a custodire i documenti del Comando e delle formazioni dipendenti. Nel gennaio del 1945, avuto sentore che i fascisti stavano per fare irruzione nella sua casa, la giovane donna riuscì a beffarli: mise in salvo tutti i documenti del movimento clandestino e raggiunse il marito nelle formazioni partigiane, con le quali restò sino alla Liberazione.
Nel dopoguerra Angela Locatelli, si adoperò per tenere alti i valori della Resistenza e continuò a farlo anche dopo la morte del marito. Con Ulisse ed altri intellettuali lecchesi, aveva fondato nel 1962 il Centro culturale "Piero Calamandrei". Era diventata presidente dell' ANPI provinciale di Lecco ed in questa veste si era sempre sforzata di mantenere stretti contatti con i giovani e con la scuola; per anni si era adoprata per la nascita del locale "Museo della Resistenza". Sua anche l'iniziativa di donare, nel 1980, l 'intera biblioteca di famiglia all'amministrazione comunale di Lecco. Sino alla fine Angela, che era membro del Consiglio nazionale dell' ANPI , ha mantenuto l'impegno per la libertà e la democrazia contratto nel 1944.
Locatelli Enzo
Nato a Lecco il 26 Marzo 1912 in una famiglia di orientamento socialista, dopo aver conseguito il diploma di Perito elettrotecnico, prestò il servizio militare in Fanteria. Nel 1934 venne assunto come operaio elettrotecnico dalla STIPEL e nel 1940 passò come tecnico dalla Face Standard di Milano. Dopo l’8 settembre non ebbe dubbi e si unì alla Resistenza; d’accordo con il dirigente del suo ufficio, l’ing. Giuseppe Bacciagaluppi ( collaboratore di Ferruccio Parri), all’inizio dell’ottobre 1943 stese una linea telefonica tra Campo de Boj ed Erna, con la collaborazione del collega Italo Cortesi e dei rocciatori Corti e Piloni. Negli stessi giorni l’ingegner Bacciagaluppi venne incaricato da Ferruccio Parri, di costituire un’organizzazione del CLNAI per il “Servizio Assistenza Prigionieri di Guerra Alleati." Enzo Locatelli diventò ‘agente centrale’ di questa rete e si occupò di strutturarla prima sul Lago di Como e in Valtellina e poi tra Bergamo e Brescia. Arrestato il 4 aprile 1944, viene rinchiuso a San Vittore (matricola 1868); il 29 giugno è trasferito a Fossoli da dove, il 29 luglio, parte con destinazione Mauthausen. A Verona la milizia fascista consegna i prigionieri ai tedeschi e in questo passaggio Enzo Locatelli riesce fuggire. Tornato a Lecco si organizza per passare in Svizzera, ma al confine viene intercettato e ferito dalla milizia. E’ nelle mani della GNR di Como quando il Tribunale speciale, tramite la GNR di Milano, lo convoca per processarlo come organizzatore degli espatri; per sua fortuna, le comunicazioni tra le provincie non funzionano più e la GNR di Milano, ignara che Enzo Locatelli fosse fuggito e Verona e arrestato a Como, rispose al tribunale che l’imputato non era reperibile in quanto prigioniero in Germania. Trasferito all’ospedale di Lecco il 6 settembre 1944, viene salvato dai medici che lo tengono ingessato per 8 mesi, fino alla Liberazione.
Losi "Laura" - Ferrari Rachele
Nata a Milano il 24 gennaio 1920, Ferrari Rachele (a tutti nota come Laura Losi), iniziò l’attività partigiana nel settembre 1943 con compiti di collegamento tra i primi gruppi che si erano formati sulle montagne sulle montagne del lecchese. La sua principale base operativa fu sempre compresa tra Alta Valsassina e Valvarrone e dal giugno 1944 divenne collegatrice della 55^ Brigata Rosselli, incarico che svolse fino all’ottobre 1944, quando a seguito del ‘grande rastrellamento’ il grosso della Brigata riparò in Svizzera. Laura Losi - con il marito Piero e pochi altri – rimase in montagna a svolgere, senza interruzione, il lavoro di collegamento con il fondo valle e con Lecco.
Nonostante un congelamento ai piedi continuò a portare informazioni, cibo e munizioni, fino al giorno della Liberazione.
Laura Losi è morta a Lecco nel dicembre 1987.
Losi Piero
Nato a Genova il 26 febbraio 1918, studente in legge e tenente dell’aeronautica, Piero Losi è stata una figura di rilievo della lotta partigiana in Valsassina. Fin dall’ottobre 1943 si impegnò a formare le prime squadre partigiane in Valle, dove agì per tutti gli anni della Resistenza. Diventato Commissario del 2° battaglione della 55a Brigata Rosselli, fu tra coloro che rimasero in montagna dopo il rastrellamento dell’ottobre 1944; in quella difficilissima fase delle lotta partigiana, Piero Losi prima assunse il comando dei gruppi che operavano ancora in Val d’Inferno e poi, passata la fase più dura dell’inverno e superato un congelamento ai piedi, si dedicò alla ricostruzione della brigata in Val Varrone. Con la sua formazione partecipò all’ultima battaglia per la liberazione di Lecco il 26 e 27 aprile. Dopo la guerra, fu per molti anni consigliere comunale di Lecco nelle file del Partito Comunista Italiano e ricoprì la carica di Presidente dell’ANPI. Piero Losi è morto a Lecco il 31 gennaio 1979.
Lui Gino 'Luigi'
Nato a Milano il 25.1.1907, residente Lecco dal 1916, Gino Lui nel 1923 era vicesegretario del Movimento Socialista massimalista di Lecco. Durante il ventennio mantenne collegamenti con gli antifascisti lecchesi e, senza aderirvi, fu in rapporto principalmente con militanti del Partito Comunista. Impiegato all’ufficio tecnico della Badoni, nel 1931 venne licenziato e dopo un anno assunto nello studio dell’architetto Cereghini. Nel maggio 1944 divenne membro del CLN lecchese in rappresentanza del PSI, al posto di Giuseppe Mauri, costretto alla latitanza. Arrestato dalla polizia fascista con quasi tutto il CLN , venne rinchiuso a San Vittore il 30 dicembre 1944 (n. matricola 10160) da dove uscì il 29 marzo 1945. Dopo la guerra si impegnò, nelle fila del PSI, in incarichi pubblici, tra cui il Consiglio di amministrazione dell’ospedale di Lecco. Gino Lui è morto a Lecco il 24 maggio 1984.
Maffei Don Giacomo
Nato a Casargo il 18 gennaio 1903, negli anni della guerra e della Resistenza è parroco di Parlasco. I suoi problemi con il regime, erano però cominciati anni prima, nel 1930, quando, da coadiutore del parroco, era animatore di un Circolo Giovanile Cattolico di Bellano che venne sciolto con un decreto prefettizio il 24 marzo 1930. La colpa di don Maffei e del suo aiutante don Francesco Griffanti è quella di essere “irriducibili oppositori di ogni sviluppo delle organizzazioni giovanili fasciste” e dunque di “evidente pericolosità per l’ordine Nazionale dello Stato”. Don Maffei venne condannato a due anni di ammonizione dal Tribunale Speciale di Como e ‘confinato’ a Parlasco, ma continuò sulla sua strada. Dopo l’8 settembre, la sua casa parrocchiale divenne un punto di riferimento per chi era in fuga o aveva bisogno di nascondersi. Preso di lui trovarono ospitalità ebrei, soldati sbandati, un gruppo di giovani renitenti di Bellano, un altro gruppo di giovani provenienti da Sesto San Giovanni e da Bosisio. Tutto questo, gli aiuti che diede anche durante i rastrellamenti e il collegamento con nuclei della 55^ Rosselli, gli costarono una nuova denuncia al Tribunale Speciale. Don Giacomo Maffei dopo la guerra restò ancora a Parlasco; si spense a Passirana (Mi), il 12 dicembre 1963.
Manzotti Franco 'Sam'
Nato Casatenovo nel 1920, perito edile, Franco Manzotti fu un protagonista della resistenza lecchese. Comandante del I° Battaglione della Brigata Rosselli, formato dai distaccamenti Fogagnolo, Casiraghi e Carlo Marx, fu fra quelli che non espatriarono in Svizzera nell'inverno del '44 ma restò in montagna a riorganizzare le forze e riprendere la lotta. Pur isolato e senza contatti con il CLN riuscì nel suo compito e diventò il Comandante della neonata 89° Brigata Mina. Sam ha scritto un diario in cui, in presa diretta, racconta i tragici giorni del rastrellamento in Valsassina e sulle Grigne; il diario, che appartiene all’Archivio Privato Famiglia Manzotti-Comune di Casatenovo, è pubblicato sui siti http://www.55rosselli.it e https://www.comune.cinisello-balsamo.mi.it. Franco Manzotti è morto a Milano il 5 febbraio 1991.
Mauri Giuseppe
Nato a Lecco il 21 settembre 1880, deceduto a Lecco il 14 febbraio 1955, impiegato. Aveva combattuto nel Primo conflitto mondiale e, nell'immediato dopoguerra, aveva aderito al Partito socialista. Eletto consigliere del Comune di Lecco alle elezioni amministrative del 1920, Mauri diresse in quegli anni le cooperative socialiste di Olginate e Varenna. Nel 1922 le aggressioni fasciste portarono alla distruzione di queste attività e costrinsero il dirigente socialista a farsi da parte. Negli anni del regime, Giuseppe Mauri visse di lavori saltuari ma non cedette mai al fascismo e, dopo la caduta di Mussolini, l'impiegato socialista fu tra i dirigenti del movimento democratico lecchese. Durante la Resistenza (il figlio, Garibaldi, col nome di battaglia di "Oliviero", fu a capo della III Brigata "Matteotti", operante con circa 350 partigiani nel Lecchese), Giuseppe Mauri collaborò attivanete alla rete per gli erspatri dei ricercati e fu membro del CLN clandestino che, nei giorni della Liberazione, lo designò sindaco di Lecco. L'incarico all'esponente socialista fu confermato nelle elezioni del 1946.
Mauri Spartaco
Nato a Lecco il 23.9.1913, di famiglia socialista, nel 1929 venne assunto dalla Badoni come apprendista disegnatore e lì, tramite Paolo Milani e Franco Minonzio, entrò in contatto con l’organizzazione sindacale clandestina. Licenziato nel 1931 per i contraccolpi della crisi del 1929, trovò lavoro prima a Milano e poi a Sesto San Giovanni, per tornare nel 1935 alla Badoni. Dopo il 25 luglio 1943 venne eletto nella Commissione interna della Badoni ; il 18 ottobre 1943 viene arrestato con l’accusa di aver promosso una riunione delle Commissioni interne del lecchese, portato nel carcere Sant’Agata di Bergamo venne rilasciato il 5 novembre. Entrò nel la Resistenza, prima in Valsassina e poi a Lecco; nel dicembre del 1944 venne nuovamente arrestato dalla polizia politica per aver falsificato carte di identità destinate a renitenti alla leva dell RSI. Partecipò alla liberazione di Lecco come comandante di distaccamento della 3^ Brigata SAP Matteotti.
Spartaco Mauri è morto a Lecco il primo marzo 2005.
Mauri Pasquale
Nato a Lecco il fondatore della Cooperativa La Moderna, aggredito dai fascisti nel 1923, lasciò nel 1934 la cooperativa, ormai fascistizzata. Impiegato al Caleotto, legato agli ambienti antifascisti, Pasquale Mauri svolse le funzioni di cassiere del ‘Soccorso Rosso’ e, dopo l’8 settembre 1943 era attivo nell’assistenza agli ebrei e ai ricercati politici. Arrestato il 27 maggio 1944 con l’accusa di “favoreggiamento del movimento partigiano”entrò a San Vittore il giorno successivo (matricola n.2217) e fu scarcerato il 21 giugno. Dopo la Liberazione venne rieletto Direttore dai soci della Cooperativa “La Moderna”, carica che mantenne fino al 1947. Pasquale Mauri è morto nel 1956.
Milani Paolo
Nato a Lecco il 13.9.1904, carpentiere e calderaio, venne arrestato il 2 marzo 1932 con l’accusa di aver collaborato alla ricostruzione del partito Comunista e subì il processo davanti al Tribunale Speciale per la difesa dello Stato. Seppur segnalato nel Casellario Politico Centrale dei nemici del regime, restò legato all’organizzazione comunista e fu tra i partecipanti ad una riunione ad Oggiono, nel settembre del 1941, per riorganizzare l’attività clandestina. Nei giorni immediatamente successivi l’8 settembre 1943 salì in Erna con la banda Pisacane, comandata da Renato Carenini e Gaetano Invernizzi. Dopo il rastrellamento dell’ottobre 1943 ritornò in città e, con Sandro Turba e Franco Minonzio, ebbe dal nascente CLN di Lecco l’incarico di organizzare il Comitato sindacale clandestino, che era attivo durante lo sciopero del marzo 1944. Prese parte, con la Brigata Poletti, alla librazione di Lecco. Paolo Milani è morto a Lecco, il 13 ottobre 1985.
Minonzio Franco
Nato a Castello di Lecco il 26 maggio 1911, impiegato alla Badoni, già dopo il 25 luglio 1943 (caduta di Mussolini) fu attivo sul fronte sindacale.
Appassionato di montagna, a metà degli anni Trenta fu prima segretario e poi vicepresidente della Società Operai Escursionirti Lecchesi, che aveva tra i consiglieri anche Gabriele Invernizzi, comunista, che con Franco Minonzio aveva stabilito un solido rapporto di stima e amicizia.
Protagonista della rinascita delle Commissioni Interne (formate su base elettiva, prima esperienza democratica dopo vent’anni di regime) Franco Minonzio venne eletto nella Commissione della Badoni e figura tra i firmatari di una lettera a Bruno Buozzi con la quale si chiedeva di nominare Gaetano Invernizzi come Delegato di zona dei sindacati dell’industria.
Dopo l’8 settembre e il ritorno alla clandestinità, Franco Minonzio venne incaricato dal CLN di continuare ad occuparsi delle fabbriche, cosa che fece diventando responsabile del Comitato sindacale clandestino.
Nel contempo, collaborò alla rete per gli espatri in Svizzera di ex prigionieri di guerra.
Arrestato, entrò a San Vittore il 21 maggio 1944 (matricola 2133); il 29 giugno fu trasferito al campo di Fossoli, dove il 12 luglio 1944 venne fucilato.
Monge Alba
Nata a Rivoli, il 20 gennaio 1912, lecchese di adozione (moglie di Antonio Colombo, fucilato a Fossoli) Alba Monge fin dal settembre 1943 fu attiva come collegatrice e collaboratrice delle formazioni partigiane. Ospitò nella casa di Campo de’ Boj il Comando del settore e, durante il rastrellamento dell’ottobre, riuscì a nascondere armi e munizioni. Dal novembre del 1943 la sua casa di via Digione, 6 divenne punto di riferimento per il Comando lecchese e lì si incontravano i colonnelli Morandi e Prampolini con Giulio Alonzi, che aveva collegamenti con Milano. La casa fu anche centro di smistamento per coloro che dovevano superare la frontiera, tra cui renitenti ed ebrei. Dopo tre perquisizioni delle SS e della Polizia repubblicana e l’arresto di suo marito, Alba Monge fu colpita da un mandato di cattura e nell’agosto 1944 riparò a Milano, dove continuò la sua attività antifascista in collegamento con Giulio Alonzi. Ritornò a Lecco nei giorni precedenti l’insurrezione del 25 aprile.
Morandi Umberto
Nato ad Alba, in provincia di Cuneo, il 22 marzo 1894, Umberto Morandi entrò nel 1913 nella scuola militare di Modena, dalla quale uscì con la nomina a sottotenente. Durante la Prima guerra mondiale ha combattuto in diverse zone del Carso e venne promosso tenente. Nella Seconda guerra mondiale fu inviato in Libia con il battaglione mitraglieri “Marmarica”. Fu poi sul fronte Jugoslavo col grado di colonnello comandante del 52° Reggimento Fanteria “Cacciatori delle Alpi”. Venne decorato con medaglia d’argento. All’indomani dell’8 settembre, il CLN di Lecco lo incaricò di assumere il comando delle formazioni operanti in montagna e dei gruppi operanti in città. Nell’estate del 1944 assunse il comando del Raggruppamento Divisioni d’Assalto Garibaldi Lombardia, che comprendeva: - due divisioni partigiane di montagna, dislocate nella provincia di Como/Lecco, in gran parte di quella di Sondrio e nella zona nord-ovest del Bergamasco, - alcune brigate non inquadrate nelle divisioni - tutte le formazioni Gap e Sap del Comasco. Arrestato a Lecco il 12 gennaio 1945 in seguito a delazione, trasferito nel carcere di Como e quindi a San Vittore, entrò nel Comitato di Liberazione del carcere stesso. Al suo rientro a Lecco, a seguito della Liberazione, il Governo Militare Alleato gli attribuì il comando Zona del Lago di Como. Si spense a Lecco il 5 ottobre 1965.
Omboni Ida
Nata a Calco nel 1922, Ida Omboni si è laureata in Lettere moderne all’Università Statale di Milano. In gioventù aderisce alla Resistenza con il ruolo di organizzatrice e collegatrice della 104^ Brigata SAP Garibaldi in Brianza. Ida Omboni, nome di battaglia “Nani o “Nanni Belusca”, fu Comandante della Villa Adriana di Merate, dove, dopo il 25 aprile 1945, furono concentrati i fascisti catturati nella zona. Il legame con questa esperienza è rimasto vivo in lei per tutta la vita nella combattività del carattere, così come nella fedeltà a un’ideologia politica tutt’altro che quiescente. Dopo la laurea, Ida inizia a collaborare con diverse case editrici in qualità di editor e svolge attività editoriali che la impegnano a vari livelli: dalla compilazione di giudizi, alle traduzioni, all’editing. Collabora per circa trent’anni con la Mondadori, diventando una delle maggiori esperte del giallo” e del poliziesco e ricercatissima traduttrice: da Chandler, a Rex Stout (i suoi preferiti), ma un po’ tutti i classici (Agata Christie, Henry Farrel).
Osio Umberto e Nogara Antonietta
Nato nel 1891, colonnello degli alpini, decorato con medaglia d’argento nella Grande Guerra, residente a Bellano, già nei primi mesi del 1943 era diventato, con la moglie Antonietta Nogara, un punto di riferimento per le famiglie che cercavano notizie dei soldati inviati sul fronte russo e di cui si era persa traccia. Nel luglio del 1943, con la collaborazione attiva di Antonietta, ospitò nella sua proprietà di Colico il raduno del gruppo scout antifascista delle ‘Aquile randagie’. Dopo l’8 settembre del 1943 era con Morandi, Pini, Prampolini, Todeschin, Magni e Brugger tra gli ufficiali a disposizione del ‘Comitato di azione clandestina’, impegnato a dare una prima organizzazione agli sbandati. Individuato dalla polizia fascista, dal 29 marzo 1944 fino al 25 aprile ha vissuto nascosto in Brianza. Per ritorsione, il 7 agosto 1944 i fascisti arrestarono Antonietta Nogara, che venne inserita in una lista di condannati alla fucilazione, poi non eseguita perché i partigiani lasciarono liberi militi fascisti che avevano catturato.
Panzeri Maria
Nata a Lecco il 16 dicembre 1906, vedova di Uberto Pozzoli, giornalista e intellettuale lecchese cui è intitolata la Biblioteca civica, Maria Panzeri ebbe un ruolo importante nella vita pubblica lecchese. Iscritta dal 1932 a ‘Donne di ’Azione Cattolica’, nel 1942 partecipò a un ‘corso di addestramento politico’ tenuto clandestinamente da Don Teresio Ferraroni.. Nel gennaio 1943 iniziò a presta assistenza ai degenti dell’ospedale militare di Lecco. Dopo l’8 settembre ospitò soldati sbandati, collaborò alla rete per gli espatri e rifornì di cibo e indumenti un gruppo di ex soldati nascosti, con i suoi fratelli, alla Culmine di San Pietro. Impiegata alla Coop.‘La Popolare’ ottenne il permesso di ospitare nella colonia della Culmine i soldati fuggitivi. Nel 1946 venne eletta in Consiglio comunale di Lecco nella lsita della DC; lei e Enrica Bonazzi (candidata nella lista del PCI) furono le prime donne elette in Consiglio. Maria Panzeri è scomparsa nel 1991.
Pellegrini Aldo
Nato a Buglio in Monte il 27.01. 1925, Aldo Perregrini fu chiamato alle armi negli Alpini e l'8 settembre '43 è in caserma a Morbegno presso il V° Reggimento Morbegno. Dopo l'8 settembre, abbandona la caserma assieme ad alcuni suoi amici e si rifugia sulle montagne di casa, dove rimane nascosto durante l’inverno. Nella primavera del '44 si unisce al gruppo di partigiani comandati da Ambrogio Confalonieri sopra le Baite di Postalesio. Partecipa il 2 giugno 1944 al tentativo di assalto alla caserma della GNR ferroviaria di Ballabio, è ferito gravemente. Portato prima nell'infermeria della caserma a Ballabio, viene poi trasferito all'ospedale S.Anna di Como, dove muore il 6 o il 7 giugno 1944. La salma venne poi trasferita da Como e sepolta a Buglio in Monte nel maggio del 1945.
Picco Alberto
Nato a Lecco il 17 agosto 1925, Alberto Picco è un giovane studente, allievo di don Ticozzi, quando si avvicinò al Movimento di Liberazione e cominciò a collaborare all’organizzazione clandestina locale per procurare cibo e armi ai partigiani e far espatriare in Svizzera antifascisti, ex prigionieri di guerra ed ebrei. Rimasto sempre vicino all’organizzazione antifascista, nei giorni dell’insurrezione è presente in via Como durante la ‘Battaglia di Pescarenico’, l’ultima della Resistenza lecchese tra i partigiani ed un gruppo di brigate nere asserragliati in un edificio all’angolo tra via Como e l’attuale Corso Martiri della Liberazione. In questa battaglia, il 27 aprile 1945, Alberto Picco perse
la vita. L’Università di Milano gli conferì la Laurea alla Memoria; nel 1971 a Lecco è stata fondata una società sportiva che porta il suo nome
Pini Galdino 'Pietro'
Nato a Mandello del Lario il 18 dicembre 1889, diplomato alla Scuola Superiore di Commercio di Berna, durante la prima guerra fu decorato con Medaglia d’Argento al Valor militare per un’azione condotta sul Monte Lemez il 20 luglio 1915. Tenente colonnello degli alpini in congedato illimitato dall’ agosto 1942, fu tra i primi animatori della Resistenza lecchese. In contatto con altri ufficiali, fin dai primi giorni dopo l’8 settembre 1943 promosse l’organizzazione di gruppi di resistenza sulla montagne lariane. In particolare, a Mandello del Lario guidò un gruppo che diede vita alla ”Cacciatori delle Grigne” , formazione che nell’agosto 1944 diventò la 89^ Brigata Garibaldi Giovanni e Giuseppe Poletti. Il 3 settembre 1944 divenne Capo di Stato Maggiore del 2° Raggruppamento Divisioni garibaldine lombarde, fino al novembre del 1944, quando un grande rastrellamento scompaginò tutte le formazioni partigiane. Galdino Pini si dedicò subito alla riorganizzazione dei reparti finchè,il 13 gennaio 1945, venne arrestato, tradotto nelle carceri di Monza e quindi, il 23 gennaio, rinchiuso a S. Vittore (matricola 1399). Rimase nel carcere milanese fino al 3 marzo e poi portato nel carcere comasco di S. Donnino da cui venne liberato il 24 aprile '45.
Il 25 aprile era nella zona di Dongo-Domaso, dove partecipò al’insurrezione.
Poletti Nicola 'Claudio'
Nato a Somana (Mandello del Lario) il 4 ottobre 1918, Nicola Poletti fu tra i primissimi organizzatori della Resistenza mandellese. La sua casa divenne la sede delle prime riunioni finalizzate ad organizzare, in accordo con il colonnello Galdino Pini, la formazione che si dislocherà sulle Grigne, prima come ‘Cacciatori delle Grigne’ e poi come ‘89^ Brigata Garibaldi Giovanni e Giuseppe Poletti’. Nel periodo successivo all’8 settembre 1943, Nicola Poletti collaborò agli espatri degli ex prigionieri di guerra, che accompagnava sul treno, nascosti nei vagoni merce, nel tratto tra Olcio (Mandello) e Bellano/Dervio/Dorio, a seconda di dove era possibile l’imbarco per attraversare il lago. Comandante della ‘89^ Poletti’, il 26 ottobre 1944 fu preso in un’imboscata dei tedeschi, nella quale morirono tre partigiani ed altri sei rimasero feriti. Raccolto tra i feriti, trasportato per disposizione del dott. Stea (medico che collaborava con i partigiani) all’ospedale di Bellano, Lino Poletti riuscì a riprendersi. Durante la degenza i fascisti tentarono più volte di arrestarlo, trovando sempre la ferma opposizione del dott. Lioy (ospedale di Bellano) che lo tenne in ricovero fino al giorno della Liberazione.
Prinetti Castelletti Gino
Giannantonio Prinetti Castelletti, medaglia d’oro al valor militare, meglio noto come Gino Prinetti, nacque nel 1921 dalla famiglia aristocratica dei Prinetti di Merate. Dopo gli studi classici a Milano, nel 1942 divenne sottotenente all’Accademia di artiglieria e genio di Torino. Destinato al 18° Reggimento di artiglieria ‘Pinerolo', il 28 agosto dello stesso anno partì per la Grecia da dove rientrò nel maggio 1943; dopo l’8 settembre riuscì a rifugiarsi in Svizzera ma poi decise di rientrare in Italia per partecipare alla lotta di Liberazione. Durante il rientro clandestino con Edgardo Sogno, attraversò a piedi il confine e arrivò in Valsesia dove si fermò a combattere con le Brigate Garibaldi guidate da Cino Moscatelli. Fu aggregato alla Brigata Osella di cui divenne vice comandante.
Trasferito in seguito alla Brigata Volante Loss, perse la vita il 9 agosto 1944 in Valsesia mentre a Colli di Valduggia accorreva in aiuto di un posto avanzato che era sotto attacco tedesco.
Ripamonti Giovanni
Nato a Calco il 2 settembre 1904, Giovanni Ripamonti faceva parte del gruppo del gruppo di antifascisti raccoltosi a Calolziocorte attorno a don Achille Bolis e al dottor Oscar Zannini. Da quest’ultimo, alla fine del settembre 1943, Ripamonti ebbe l’incarico di fornire 10 quintali di farina gialla ai partigiani che stavano sui monti sopra Erve.
Continuò poi la sua azione di assistenza e, arrestato il 25 marzo 1944, seguì il destino dei suoi compagni: carcerazione a San Vittore, trasferimento a Fossoli e quindi a Mauthausen, dove giunse il 7 agosto 1943. Venne poi trasferito al sottocampo di Gusen, dove morì il 2 marzo 1945.
Rocca Don Giovanni Battista
Nato a Rovagnate il 26 febbraio 1891, don Giovanni Battista Rocca fu ordinato sacerdote il 3 maggio 1915. Dal 1915 al 1918 prestò servizio militare e a seguito del riacutizzarsi di una malattia polmonare gli vene riconosciuta l'invalidità di guerra. Nel primo dopoguerra, ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa e in particolare alla Rerum Novarum di Leone XIII, partecipò al dibattito politico sul problema delle campagne e la condizione dei contadini. Sul tema scrisse “L'agitazione dei contadini milanesi e comaschi”
pubblicato nel 1921, testo che raccolse consensi tra gli esperti, a cominciare da Achille Grandi, in quel momento Presidente della Federazione nazionale delle leghe dei
contadini. Don Rocca fu coadiutore a Malgrate dal 1921 al 1927 (in quegli anni fu anche professore della Cattedra Ambulante di Agricoltura) e 3 luglio 1927 diventò parroco di Esino Lario. Convinto che il benessere spirituale non fosse disgiunto da quello materiale, da subito si dedicò al miglioramento delle condizioni della sua nuova comunità, introducendo innovazioni in campo agricolo e nuove iniziative in campo artigianale e del turismo. Questa sua intraprendenza non er gradita alle autorità fascite, che più volte – ma inutilmente – ne chiesero l’allontanamento. Dopo l’8 settembre 1943, don Rocca non ebbe dubbi e subito, con il suo coadiutore don Pietro Oriani, iniziò a formare un
gruppo di patrioti esinesi e a svolgere un prezioso servizio di collegamento con la formazione partigiana delle Grigne, di cui diventò membro attivo dal giugno 1944 all’aprile
1945. La sua autorevolezza era tale che, in accordo con il comando partigiano, ospitò indisturbata per due mesi (da agosto all’8 settembre 1944) la nuora di Mussolini, Orsola Buvoli (moglie di Vittorio) che era salita a Esino con due figli piccoli bisognosi di cure. Arrestato nel novembre 1944, incarcerato a Bellano, condannato alla fucilazione, si
salvò grazie all’ intervento di un ufficiale tedesco di cui aveva ospitato i figli piccoli. Don Giovanni Battista Rocca morì a Esino l’8 marzo 1965.
Roi Carla
Nata a Dervio il 17 febbraio 1929, nel maggio del 1944, poco più che quindicenne, entrò nella 55^ Brigata Rosselli come collegatrice. Muovendosi in bicicletta e utilizzando come copertura parenti che risiedevano a Morbegno, partecipò alle attività partigiane tra Bassa Valtellina, Alto Lario e Valvarrone, facendo riferimento soprattutto alle formazioni guidate dal comandante Ugo Bartesaghi e dal Commissario Bruno Gorrifredi (Dick).
Rosa Giuseppe e Giovanni
Giuseppe (Calolziocorte 19 marzo 1889) e Giovanni (Calolziocorte, 31 agosto 1914) Rosa erano padre e figlio ed entrambi morirono a seguito della deportazione nei lager.
Titolari di una piccola industria che produceva selle e catene per biciclette, furono arrestati con l’accusa di far parte della rete di aiuti ai partigiani di Erve.
Giovanni era certamente membro attivo della Resistenza (partecipò ad un’azione contro una caserma dalla quale furono sottratte armi), mentre Giuseppe, che era stato Podestà, non sembra aver avuto un ruolo particolarmente attivo.
Per entrambi le accuse erano generiche, ma per i fascisti bastarono a farli rinchiudere a San Vittore.
Quindi, secondo un percorso comune a moltissimi, furono trasferiti prima a Fossoli e poi nel lager di Mauthausen, dove ebbero Giuseppe il n. di matricola 82501 e Giovanni il n. 82502.
Padre e figlio lasciarono la vita nel sottocampo di Gusen, che i nazisti fecero costruire dagli stessi deportati a pochi km da Mauthausen.
Rovelli Don Francesco
Nato a Lurago d’Erba il 10 febbraio 1899, partecipò alla Prima guerra mondiale. Dopo la guerra entrò in seminario e venne ordinato sacerdote il 26 ottobre 1924. Diventò Parroco di Bellano il 26 febbraio 1941, con alle spalle, già da seminarista, un’esperienza politica, in Brianza, nell’ambito del Partito Popolare . Dopo l’8 settembre 1943, su invito del lecchese Enzo Locatelli, don Rovelli divenne un agente della rete del Comitato di Liberazione Nazionale che organizzava gli espatri verso la Svizzera: Bellano era un punto strategico per l’attraversamento del lago e la disponibilità di don Rovelli e quella di don Gino Facchinetti a Santa Maria Rezzonico, sull’altra sponda del lago, furono fondamentali per salvare centinaia di persone tra ex prigionieri di guerra, ebrei, ricercati politici. Poi, a seguito di alcuni arresti, si giudicò ormai insicuro il passaggio da Bellano e quindi la zona di imbarco viene spostata a Dorio e a Dervio. Don Rovelli venne arrestato il 21 agosto 1944 con l ‘accusa di ‘intrattenere rapporti con i partigiani’; tradotto nel carcere di San Donnino a Como, fu liberato per intervento del cardinal Schuster. Dopo la guerra, rimase parroco di Bellano fino al 1976, anno della sua morte.
Scalcini Leopoldo 'Mina'
Ufficiale di artiglieria, nato a Colico il 24 luglio 1911, subito dopo l'8 settembre iniziò a collaborare con il Comandante AL (Wando Aldrovandi) e costituì sul Monte Legnone (Alto lago di Como, all’imbocco della Valtellina) ) le prime formazioni partigiane. Molto stimato per le sue doti organizzative e umane - e anche per questo considerato particolarmente pericoloso dai fascisti - riuscì con i suoi uomini a reggere l'urto del grande rastrellamento del '44. Scelse di non riparare in Svizzera, e rimase sulle montagne, tra il lago e la Valsassina, con il compito di raccogliere e riorganizzare gli sbandati. Catturato il 30 dicembre del '44 con altri 34 partigiani alla Culmine di San Pietro (Baitone della Pianca, Valsassina), venne ucciso mentre tentava la fuga dal camion che stava portando lui e altri 13 partigiani alla fucilazione. Nella primavera del 1945 a lui fu intitolata la 89° Brigata Mina che operò dalla val Gerola fino a Colico.
Scaramelli Romualdo
Nato a Lecco il 22 maggio 1923, si unisce alla 55^ brigata f. lli Rosselli dal 16 giugno 1944 e diventa comandante di distaccamento. Partecipa alle azioni della brigata fino al 1° dicembre quando espatria con parte della 40a brigata Garibaldi in Svizzera attraverso il passo della Teggiola.
Rientra in Italia il 30 giugno 1945, portando con sè un diario sulla vita nei campi di raccolta in Svizzera.
Nell’immediato dopoguerra è stato segretario dell’Anpi di Lecco ed ha collaborato a tutte le attività per il riconoscimento delle qualifiche partigiane e per l’assistenza alle famiglie dei caduti, dei deportati e degli ex partigiani.
Si è spento a Lecco il 12 maggio 1978.
Teli Giovanni
Nato a Lecco (Pescarenico) il 2 luglio 1904, montatore meccanico all’Arlenico, è stata una delle figure di collegamento tra l’antifascismo degli anni Venti e Trenta e la Resistenza.
In contatto con la rete clandestina del Partito Comunista, arrestato nel marzo 1932, venne processato dal Tribunale Speciale con sentenza del 3.10.1932 per ricostituzione del Partito Comunista.
Dopo il 25 luglio 1943 partecipò a riunioni di antifascisti al Garabuso, nel capannone che le sorelle Villa avevano affittato a Giuseppe Mauri.
Dopo l’8 settembre salì in Erna; dopo il rastrellamento dell’ottobre rientrò a casa e riprese a collaborare con la rete antifascista.
Sfuggito agli arresti del 19 maggio 1944 si nascose prima a Colico e poi entrò in Svizzera, dove rimase fino al maggio 1945.
Giovanni Teli è morto a Lecco il 27 gennaio 1985.
Ticozzi Don Giovanni
Don Giovanni Ticozzi, nato a Pasturo il 5 agosto 1897, combattente nella prima guerra mondiale, fu ordinato sacerdote nel 1923.
Discepolo spirituale di don Carlo Castiglioni, laureato in Lettere, dopo aver insegnato nei licei di Gorla e di Celana viene nominato
professore di latino e greco al Ginnasio-Liceo A. Manzoni di Lecco, di cui verrà nominato preside nel 1941, succedendo a Ireneo Coppetti
e a Giancarlo Vigorelli (che aveva tenuto la presidenza per un anno).
Nel novembre del 1943 entra nel primo CLN di Lecco (Comitato di Liberazione Nazionale) di cui viene designato presidente con il voto unanime di tutti i partiti antifascisti.
Arrestato il 30 ottobre del 1944, assieme ad altri membri del CLN lecchese, rinchiuso nel carcere di Como, il 22 dicembre viene portato
a San Vittore da dove, per intervento diretto del Cardinal Schuster viene trasferito alla ‘Sacra Famiglia’ di Cesano Boscone, dove resterà
fino al 25 aprile 1945. Quindi, ritorna a Lecco e riprende il suo posto acme preside del Liceo Classico.
Dell'esperienza della guerra e di quella della duplice carcerazione, comasca e milanese, ci restano un bel gruppo di lettere, pubblicate
nel volume postumo Frammenti di vita (1959).
Don Giovanni Ticozzi muore a Lecco, mentre è a scuola, il 19 febbraio 1958.
Todeschini Giovanni Battista
Giovanni Battista Todeschini nacque a Premana il 14 luglio 1915. Dopo la Prima guerra mondiale il padre, ferroviere, si trasferisce con la famiglia a Lecco. Giovanni Battista nel 1934 si diplomò ragioniere, nel 1936 fu ammesso al corso per allievi ufficiali di complemento e nel
1937 diventò sottotenente al V° Alpini di Merano. Inviato prima sul fronte francese, poi in Albania e Grecia e quindi ancora in Francia,
venne nominato tenente nel 1941. L’8 settembre 1943 si trovava in caserma a Monza; abbandonò il reparto, torna a Premana e il 15
settembre aderì al ‘Comitato di azione clandestina’ formatosi a Lecco come primo embrione del futuro CLN. Cominciò così la sua azione di organizzatore e di ‘collegatore’ tra le formazioni partigiane dislocate sui monti di Premana, diventando una delle principali figure di
riferimento della Resistenza valsassinese. Dopo il rastrellamento dell’ottobre 1944, restò nella zona di Premana, continuando a coordinare
chi era rimasto. Individuato dai nazifascisti, quando seppe che se non si fosse consegnato sarebbero stati fucilati tre partigiani, non esitò
ad avviare una trattativa per garantire la salvezza dei suoi uomini e quindi si consegnò ai comandanti delle Brigate Nere di Bellano Larghi
e Canclini. Consegnato ai tedeschi, entrò a San Vittore il 12 gennaio 1945 (matricola 1247) da lì venne inviato al campo di Bolzano Milano
il 16 gennaio (n. 7529 dell’elenco pubblicato dal Comune di Bolzano) e da qui il 04 febbraio fu deportato a Mauthausen dove morì l’11
aprile 1945.
Vanalli Virgilio
Nato a San Gregorio di Cisano Bergamasco il 13 giugno del 1913, orfano della prima guerra mondiale, iniziò a lavorare a otto anni,
prima nei campi e poi come ‘bocia’ in edilizia. Nel 1933 si iscrisse al PCI e nel 1935, durante il servizio militare, fu protagonista, assieme
ad altri, di un atto di insubordinazione: per evitare il carcere militare venne costretto ad arruolarsi per la campagna d’Africa. Nel 1937
cominciò a lavorare al Laminatoio Arlenico ed entrò nell’organizzazione clandestina comunista, con il compito di distribuire materiali
politici e – come usava dire – “diffondere coscienza antifascista”. Dopo il 25 luglio ( caduta di Mussolini) venne eletto nella Commissioni Interna attraverso il voto degli operai: è la prima esperienza democratica dopo vent’anni. Dopo l’8 settembre, le Commissioni dovettero sciogliersi e seguendo le indicazioni del PCI, Vanalli si impegnò nella costruzione dei Comitati segreti di agitazione, entrò nella Resistenza armata cittadina, collaborò alla preparazione dello sciopero del 7 marzo 1944 e al boicottaggio della produzione destinata all’esercito
tedesco. Arrestato nell’ottobre 1944, venne più volte torturato, ma non riuscirono a strappargli una parola. Portato nel campo di concentramento di Bolzano (il suo nome compare al n. 7793 dell’elenco pubblicato dal Comune di Bolzano), nel marzo 1945 riuscì a
fuggire e dopo circa un mese arrivò a casa. Rimase nascosto a Suello fino ai giorni dell’insurrezione, alla quale partecipò. Dopo la guerra rientrò in fabbrica; vittima dei licenziamenti repressivi del 1953, fece il venditore ambulante di stoffe fino alla pensione. Fu tra i più attivi organizzatori del Sindacato e dell’Anpi e per 13 anni consigliere comunale a Lecco. Premiato con più onoreficienze civiche, si è spento
il 15 febbraio 2001.
Vicinelli Franco e Giancarlo
Figli di Augusto, insegnante presso il Collegio Cazzulani di Merate, furono tra i promotori del primo nucleo della futura 104^ Brigata Sap “Citterio”, nella primavera del 1944, a Cernusco Lombardone dove si erano trasferiti da Merate in quanto sospettati di attività cospirativa. Il 4 giugno del 1944 Giancarlo Vicinelli rimase ferito, anche se in modo non gravwe durante un’azione di prelievo di armi. Nel gennaio del 1945 in un’operazione di propaganda murale venne arrestato Franco Vicinelli, ma non essendo emerso nulla a suo carico venne scarcerato una decina di giorni dopo. A seguito della fallita rapina alla Banca Popolare di Oggiono, la cui organizzazione vide l’attiva partecipazione del distaccamento di Cernusco Lombardone , le brigate Nere di Merate e i presidi della Gnr di Missaglia, Rovagnate e Oggiono, operarono un vasto rastrellamento nel quale furono arrestati vari patrioti, tra cui Franco e Giancarlo Vicinelli. I due fratelli da quell’esperienza riporteranno danni fisici permanenti per le torture subite, ma nonostante ciò riusciranno a non rivelare nulla che potesse compromettere la formazione. Giancarlo portato nel carcere di San Donnino a Como, venne torturato e seviziato, fu rilasciato il 25 aprile 1945. Franco Vicinelli ebbe il ruolo
di comandante di reparto mentre il fratello ricoprì quello di Commissario politico.
Sorelle Angela, Rina, Erminia e Carlotta Villa
Appartenenti a una famiglia imprenditoriale, cattolica e con radici risorgimentali, le sorelle Villa furono importanti protagoniste della ‘rete diffusa’ che sostenne la Resistenza lecchese. Nella loro casa, al Garabuso di Acquate (Lecco), molti oppositori del nazifascismo trovarono ospitalità, cibo e cure; nella cava ormai dismessa e di proprietà della famiglia, trovavano riparo i fuggiaschi, mentre nei magazzini venivano custoditi, per essere distribuiti ai partigiani, i generi alimentari che Pasquale Mauri trafugava dalla mensa della Badoni. Tra il 1943 e il 1944
le quattro sorelle furono attive nell’organizzazione clandestina creata dal CLNAI e guidata a livello locale da Enzo Locatelli e Guido Brugger per favorire l’espatrio in Svizzera di ex prigionieri di guerra, ebrei e ricercati politici. Nella loro casa trovarono ospitalità anche Luois Biagioni, Emanuele Carioni e Pietro Briacca, impegnati in una missione dell’OSS, il servizio segreto degli Usa. Nel maggio del 1944 in seguito a una delazione di ex prigionieri di guerra russi diventati spie dei nazisti, Caterina, Erminia, Carlotta e Angela vennero arrestate. Portate a San Vittore, le quattro sorelle ebbero destini diversi: Angela venne rilasciata dopo un mese, mentre le altre furono trasferite a Fossoli e da lì avviate al lager. Durante il viaggio Caterina ed Erminia riuscirono a fuggire, mentre Carlotta finì prima nel campo di concentramento di
Bolzano e quindi nel campo di sterminio di Ravensbrück. Carlotta riuscì a sopravvivere e nell’agosto del 1945 fece ritorno a Lecco.
Le quattro coraggiose sorelle, dopo aver rischiato la vita, tornarono con semplicità alle loro professioni.
Zannini Oscar
Oscar Zannini, nato a Castellanza il 3 aprile 1906, medico, dopo il matrimonio con Elena Giauna Bernardo si stabilì a Calolziocorte. Arruolato come ufficiale medico e inviato sul fronte Jugoslavo, venne congedato nel 1941 seguito della nascita del quarto figlio. Entrò nella Resistenza con il gruppo che faceva capo a Don Achille Bolis; si occupò di organizzare i militari sbandati e i giovani renitenti, in collegamento con i primi gruppi partigiani e con il CLN di Bergamo. Venne arrestato la notte del 22 febbraio 1944, interrogato presso la Casa del Fascio di Bergamo e quindi rinchiuso a San Vittore fino al 27 aprile, quando venne trasferito nel campo di Fossoli. Lì svolse l’incarico di responsabile sanitario finchè, attorno al 21 luglio, venne trasferito al campo di Gries (Bolzano) e da lì a Mauthausen, dove giunse il 7 agosto 1944, per essere poi spostato a Gusen. La deportazione di Oscar Zannini fu particolarmente tribolata: dopo Gusen venne ancora trasferito a Flossemburg, poi presso la fabbrica d’armi annessa al campo di Mittelbau ed infine a Buchenwald. Qui fu mandato al lavoro coatto presso l’ex kommando di Dora, (diventato lager autonomo), dove morì il 15 febbraio 1945.