A.N.P.I. LECCO
Grazie, Giancarla.
Continueremo a seguire la strada che ci hai indicato.
Il ricordo di ANPI provinciale Lecco
La Resistenza
​
Parlare oggi della Resistenza italiana significa andare alle radici di un movimento etico-politico che, in tutta Europa anche se con modi e tempi
diversi, seppe liberarsi dalla morsa della barbarie nazifascista.
In Italia, nel disfacimento generale dello Stato e dell’esercito nel settembre 1943, migliaia di uomini e donne trovarono la forza di andare oltre
il “si salvi chi può”, la rassegnazione passiva, l’attendismo inerte e iniziarono la lotta contro l’oppressore e i suoi complici. Lo disse con chiara
fierezza Ferruccio Parri, presidente del Comitato di Liberazione Nazionale, quando a Lugano incontrò i rappresentanti delle potenze alleate: «Noi combatteremo la nostra guerra che non è la vostra guerra».
Perché se il nemico era comune, gli italiani e le italiane che volevano risorgere a dignità di popolo non potevano delegare agli altri la loro liberazione.
Questo nuovo senso di popolo unì uomini e donne appartenenti a diverse ideologie, a diverse famiglie spirituali, a diversi ceti sociali. Questa nuova
idea di unità e di libertà, animava il proclama del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Italia Settentrionale del 7 ottobre 1943:
«Dinanzi agli orrori dell’occupazione tedesca i partiti politici italiani sentono oggi il dovere d’essere più che mai uniti e di rimanere al loro posto di combattimento per la liberazione della patria. Per questo il Fronte dei partiti antifascisti assume ora il nome di Comitato di Liberazione Nazionale.
Una nuova Italia sta sorgendo: l’Italia redenta, sulla quale non potrà dominare mai più l’oppressione fascista, né qualunque altra forma di governo
che non sia emanazione della volontà popolare. Ogni carità di patria c’impone di far tacere ogni sentimento che possa costituire ostacolo alla più
completa unità degli italiani contro l’oppressore. Il Comitato di Liberazione nazionale dell’Italia settentrionale, sicuro interprete della volontà degli
italiani degni di questo nome, chiama tutto il popolo alla lotta contro il tedesco invasore e contro i traditori che se ne fanno servi e delatori.
Nessun cuore vacilli. Uomini e donne, vecchi e fanciulli, ognuno si consideri mobilitato per la grande causa comune. Chi possiede senta l’imperioso
dovere di dare largamente ai molti che tanto soffrono. Non lasciamo deportare i nostri uomini in terra straniera come bestiame razziato. Non
lavoriamo per il nemico tedesco. Non lasciamoci inquadrare coattivamente nelle sue formazioni armate. Per la nostra civiltà, per l’avvenire dei
nostri figli, resistiamo alle prepotenze d’una tirannide già condannata dalla storia.
Ci unisca il grido dei nostri padri: “Fuori i tedeschi”!».
​
A questo appello risposero in molti, anche nel nostro territorio.
Ma chi erano, come si sono organizzati e come hanno agito gli uomini e le donne che dall’ottobre 1943 all’aprile 1945 hanno dato vita alla
Resistenza Sulle nostre montagne e nelle nostra città?
Per quali motivi e per quali vie il loro numero salì - secondo i dati del comando di zona - dagli 897 dell’ottobre 1943 ai 3.018 dell’aprile 1945?
Come si organizzarono le formazioni e come fu possibile nutrire, vestire, equipaggiare chi era salito sulle montagne a costituire le brigate
combattenti?
Da dove passarono e chi giudò le centinaia di persone - ex prigionieri di guerra, soldati sbandati, ebrei, ricercati politici - che trovarono la salvezza
in Svizzera?
Cosa accadeva, nel frattempo, nelle fabbriche e tra gli operai e le operaie, privati delle libertà sindacali?
Quante vite costò la lotta per la liberazione dell'Italia dal regime fascista e dall'occupazione tedesca?
I materiali che qui pubblichiamo aiutano a dare risposta a queste domande e a capire come il nostro territorio, con la sua gente e con chi veniva
da fuori, ha partecipato alla pagina migliore della storia italiana: la riconquista della libertà e la nascita di una Repubblica democratica garantita
dalla Costituzione.